Era il 2000, e il passaggio di millennio si fece sentire anche sui banchi: dalla scuola media delle suore mi ritrovai al liceo, di colpo, ad avere in classe il sessantottino Claudio Lolli. Non lo conoscevamo come cantante, e lui si guardò bene dal dircelo, così al Leonardo Da Vinci di Casalecchio di Reno (Bologna) imparammo ad apprezzarlo anzitutto come professore. Fu Sergio, un giorno, ad attaccare lo stereo facendoci ascoltare una sua vecchia cassetta: il segreto era stato svelato, avevamo un prof famoso. «Ascoltate buona musica’, rispose Lolli con un po’ di imbarazzo. Era stato scoperto. La sua morte, venerdì 17 agosto, non è stata invece una sorpresa: da tempo si diceva che stesse male e non era purtroppo una voce infondata. I titoli dei suoi temi ci costringevano a fare esercizio di fantasia e riflessione. Spesso le tracce erano su argomenti impegnati – dalla politica alla psicologia – sui quali, quasi sempre, si discuteva un bel po’ in classe. «Ci lasciava anche tre o quattro ore di tempo, perché non si accontentava del classico “temino” – ricorda Piero Pisano, anch’egli studente del professor Lolli –. Voleva vederci riflettere».
Il mio ricordo di Claudio Lolli su Radio Cusano Campus
Senza tirarsi indietro, dicendo la sua facendo emergere il suo vissuto di militante di sinistra. Partecipava al dibattito (innescato da un film, una lettura o un titolo di giornale) «con la capacità – riprende Piero – di essere al nostro livello, faccia a faccia, ma senza fare l’adolescente, senza confondere il suo piano di professore con quello di noi studenti». Qualche volta ci proponeva invece l’inizio di un giallo, per vedere come saremmo stati capaci di svilupparlo. Sarebbe stato bello confrontarlo con quello che avrebbe scritto lui. Al centro però c’eravamo noi, con le nostre storie e le nostre vite che a lui interessavano…
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