Il settimanale «La Libertà» di Reggio Emilia ha dedicato una pagina al libro «Hai un momento, Dio? Ligabue tra rock e cielo». L’articolo è firmato dal direttore Edoardo Tincani.
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Di seguito, l’intervista firmata dal direttore Edoardo Tincani:
Lorenzo, da quando hai iniziato a appassionarti a Ligabue?
Il primo cd, probabilmente preso in prestito a un parente e non restituito, è «Su e giù da un palco», del 1997. Avevo dodici anni. I miei riferimenti musicali erano e sono ancora i cantautori italiani: Branduardi, Guccini, Dalla, Baglioni, Venditti e così via, fino a Pezzali e Jovanotti che erano i giovani degli anni ‘90. Una scelta anche un po’ forzata: ho sempre voluto capire i testi delle canzoni, o almeno provarci, e come studente d’inglese non ero un granché. I miei insegnanti se lo ricordano.
Com’è venuta l’idea della tesi?
Prima della tesi è venuta l’idea di una mezza lezione su Ligabue. Ero supplente in una scuola media, e un ragazzo ribelle rifiutava qualsiasi cosa proponessi. Un giorno mi disse che era fan di Ligabue, “uno serio”, mica come i cantanti ascoltati dai suoi amici. Così, la lezione dopo ho accennato a “Hai un momento, Dio?” e a “Walter il mago”, sul tema dell’amicizia capace di guardare “oltre” quello che sappiamo o non sappiamo fare. Mi sono reso subito conto che avrei potuto parlare di altre duecento canzoni, avevo l’imbarazzo della scelta. Per questo motivo la tesina è nata in modo del tutto naturale.
Chi era il relatore?
Marco Tibaldi, direttore dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Bologna.
Hai analizzato solo i testi di Ligabue o anche quelli di altri, ad esempio del “rivale” Vasco?
Solo Ligabue, altrimenti si rischiava di fare un lavoro molto dispersivo, anche se nel libro c’è un capitolo su alcune canzoni italiane degli ultimi trent’anni che parlano di Dio. Quanto alla rivalità con Vasco, credo che Ligabue abbia cercato in ogni modo di smarcarsi da questo continuo confronto. Lui si presenta per quello che è e per le canzoni che scrive, anche in questo il suo stile è chiaro e garbato.
Perché i testi delle canzoni di Ligabue ti hanno colpito di più di altri?
Trovo le sue canzoni, oltre che molto belle, anche vere. Lui, che da subito si allontana dalla Chiesa e dal comunismo perché li percepisce come ideologie che vogliono inquadrarti e dirti cosa devi e non devi fare, è il primo che non si lascia inquadrare. È un rocker ma per nulla “maledetto”: canta della vita, dell’amore che nasce, di quello che finisce ma con gratitudine per il cammino fatto insieme (“L’amore conta/ Conosci un altro modo per fregar la morte?”). E si rivolge al padre – ateo straconvinto – cantando: “Tu che conosci il cielo, saluta Dio per me”. Quello che ha dentro, lo tira fuori. Può piacere o non piacere, ma di certo non è un personaggio costruito a tavolino.