A Umberto Folena devo molto, e proprio per questo gli ho perdonato da tempo il suo tifo per la Fiorentina. Negli anni ‘90, grazie a un geniale inserto di Avvenire rivolto ai ragazzi, “Voci”, il giornalismo divenne un mio grande interesse. Anzi, una passione. Conservo ancora tutti i numeri di “Voci”, compreso il numero 0 e il numero 15 formato Deluxe che Folena mi mandò, quando io ero ancora un pischello e lui un giornalista navigato.
L’esperienza di “Voci” è durata troppo poco, ma ha lasciato il segno. Almeno, a me lo ha lasciato.
Gli anni sono volati, ed è stato veramente bello trovare ospitalità, con un breve capitoletto conclusivo, nel suo libro “Parolacce e paroline” (Edizioni della Goccia), che raccoglie un anno della sua rubrica su “Avvenire”. Peraltro, l’introduzione è di Fabio Colagrande, giornalista di Radio Vaticana e autore a sua volta di un’altra geniale rubrica, “Fantaecclesia”, su vinonuovo.it.
Le parolacce e paroline sono ordinate per categorie: per pensare, ferire, guarire, stupire e sorridere.
«Assolutamente sì” e “assolutamente no” è un rafforzativo inutile, fastidioso come l’abuso di “un attimino”»
Prendetevi allora un attimino per leggere il libro. Assolutamente.
Folena: “Per pensare servono le parole”. Cultura e dialogo oltre l’eclissi del senso critico