Il fumettista Zerocalcare in una sua tavola centra in pieno una della debolezze del modo in cui oggi molti credenti vivono la loro fede: pensano a Dio solo quando hanno un problema da risolvere. Capita anche a me: quando salgo in aereo (del quale ho una fifa bestia), divento – almeno in apparenza – più devoto di Madre Teresa e Padre Pio messi insieme, e la paura mi fa toccare le cinquanta preghiere al minuto. Zerocalcare è molto pungente, e un ottimo osservatore (da fuori, visto che tiene a precisare subito di “crede a Dio solo dopo gli alieni, il mostro di Lochness e l’uomo falena”, tanto per rendere l’idea). Ma, appunto, coglie il modo goffo di rapportarsi con un “Dio last minute”. Nella tavola, è lui a invocarlo prima che escano i “quadri” (ammesso/ non ammesso) di fine anno scolastico. Il dio barbuto si precipita, ma storce il naso: “È il tempismo che è sbagliato – sbotta -. Cioè, gli scrutini li hanno fatti ieri, si so’ riuniti, ci stanno dieci testimoni, hanno parlato, scritto, compilato. Mò che posso fa’ io? Vado a cancellà i quadri col bianchetto?”.
Ricorda quella barzelletta – meno pungente, chiaro – di quel signore che si lamentava con Dio perché non vinceva mai alla lotteria, e alla domanda su quanti biglietti avesse comprato rispondeva: “Nessuno”. Ok, magari questa battuta si poteva raccontare meglio, ma il senso è proprio questo: non è che chiedendo a Dio di aiutarci possiamo evitare di rimboccarci le maniche.
Come va avanti la storia di Zerocalcare? La trovate qui, su Wired.
Qui invece potete leggere la storia sul “Dio della febbre”, quello invocato dal piccolo Zerocalcare per evitare di andare a scuola. Ma il più delle volte le richieste rimasero ascoltate: il dio della febbre era troppo occupato e lo studente non riuscì a sfuggire alle tremende verifiche.