L’APOSTOLO TOMMASO E LA LEGGE DI MURPHY

Don Tommaso che parla di Tommaso. Inevitabile, visto che il vangelo di oggi era proprio sull’apostolo incredulo. Lui che, davanti alla buona notizia data da quelli che probabilmente erano i suoi amici più cari (“Abbiamo visto il Signore!”), rispose: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò” (Gv 20, 25).

Una buona notizia e una incredulità. Sembra quasi, ha detto don Tommaso*, che alla legge della speranza preferiamo la legge di Murphy, quella del pessimismo così cosmico da diventare comico: “Se qualcosa può andare male, lo farà”, recita la prima legge. Seguita da tutte le altre, che vanno dall’autobus (se aspetti alla fermata, non arriverà mai; se ti allontani, arriva subito) alle code alla posta o in qualsiasi altro ufficio pubblico: “La fila accanto scorre sempre più rapidamente della tua. Se cambi fila, quella in cui ti trovavi comincia a scorrere più rapidamente di quella in cui ti sei trasferito”.

Siamo abituati alle leggi di Murphy, immaginando che stia sempre per piombarci sulla testa qualche sciagura. Così, quando un fatto stupendo è proprio davanti al nostro naso, a volte non riusciamo ad accettarlo, a leggerne i segni. Invece il bene chiede solo di essere ascoltato: “Abbiamo visto il Signore!”.

 

*chi è don Tommaso? Il parroco di Sant’Andrea. Quartiere Barca, Bologna. Strepitoso: dopo le sue omelie verrebbe voglia di applaudire. Diretto, giovane (ok, questo non è un merito, ma un dato di fatto), mai banale (questo invece un merito lo è, eccome).

 

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